TERAMO – Mi candido per portare avanti questo progetto civico, per restituire a Teramo quel poco del tanto che mi ha dato come uomo, come persona e come politico: ci metto la faccia senza infingimenti, ben consapevole che questa azione comporta rischi e sconvenienze sul piano degli opportunismi e delle opportunità, ma ritengo questa strada l’unica percorribile per coinvolgere e aprire alla partecipazione di tanti che vorranno rendersi parte di questo processo di ricostruzione e di ripresa di questa città». Il cerchio si è chiuso. Mauro Di Dalmazio ha svelato la sua candidatura alle elezioni comunali, che ha definito «di coerenza», rispetto al percorso che i suoi dalmati di ‘Al Centro per Teramo’ hanno fatto all’interno del consiglio comunale e nella maggioranza che sosteneva Brucchi fino all’uscita da essa, «non perchè ho il torcicollo ma perchè è bene non dimenticare la storia politica recente di questa città». Guiderà la coalizione di due liste civiche, la sua appunto e quella di Rudy Di Stefano, Azione Politica, con una scelta coraggiosa e rischiosa sul piano delle opportunità e degli opportunismi, come ha ribaadito, ma sincera e civica e distinta dal resto del centrodestra «perchè il tentativo solo di vincere e raggiungere il potere a noi non appartiene: sarebbe stato incomprensibile e complice adagiarsi su queste logiche, sapendo che quelle logiche si ripeteranno da qui a poco».
DIVISI DAL RESTO DEL CENTRODESTRA. Smarcarsi da quel progetto di centrodestra è fondamentle per i dalmati e rudyani: «Se quella coalizione – ha sottolineato Di Dalmazio – si fonda sui protagonigisti che fino a poco tempo fa hanno incrociato le spade, sono stati attori e carnefici senza alcun chiarimento, autocritica o passaggio preliminare che affrontasse e ripulisse quei momento, cosa dovrebbe scongiurare il ripetersi di quelle stesse situazioni anche di fronte al drammatico momento che Teramo sta vivendo?».
ALTROVE SI PENSA SOLO ALLA SOMMATORIA DEI VOTI. Di Dalmazio è stato chiaro: «Il progetto che si è tentato di mettere in piedi prima su Morra e poi su Del Paggio, nelle logiche e nelle dinamiche prevalenti – non certo nei candidati e nelle persone il cui impegno è sempre lodevole – è figlio della voglia di fare sommatoria di voti per vincere elezioni, senza porsi il problema autocritico e critico di come poi si andrà a governare in questo momento Teramo».
MORRA NON HA GESTITO MOMENTO, DEL PAGGIO SACRIFICATO. «L’indicazione di Morra – ha spiegato Di Dalmazio – era tesa a individuare un progetto che saldasse attorno alla città la possibilità di un rinnovamento culturale, che mettesse al centro la città di Teramo come obiettivo e non come strumento. A lui va tutta la mia stima personale e i miei migliori sentimenti di rispetto, perchè pensavamo che potesse essere la migliore candidatura per la rottura e la dissociazione da schemi, sistemi e logiche che avevano devastato a livello politico Teramo. Questo processo non è stato guidato e Morra è stato avvolto da quelle logiche, quelle stesse dalle quali bisognava dissociarsi». Su Del Paggio poi: «Venne fuori il nome di Del Paggio, con il quale io per primo in tempi non sospetti avevo parlato e al quale avevo chiesto se potesse avere una disponibilità a impegnarsi, poi richiesta dalla Lega perchè servisse da sintesi: anche quel significato politico e quella disponbilità sono state sacrificate alla prevalenza di quelle logiche di cui dicevo».
IL MODELLO TERAMO? E’ ASTRATTO, MA NE SONO ORGOGLIOSO. «Il Modello Teramo? E’ quello che consentì a Teramo, in controtendenza alla propria storia, di essere la comunità guida della nostra regione: Non esiste, è una categoria, un modello astratto fatto di persone che pemise di vivere una stagione di cui rivendico con orgoglio la nostra partecipazione, la nostra stagione più bella che permise anche di innervare positivamente la prima amministrazione guidata da Maurizio Brucchi. Devo fare qui un mea culpa – ha aggiunto il leader di Al Centro per Teramo – abbiamo contribuito a una degenerazione verso altre logiche e altre finalità, potevamo esser più attenti da prima, però quando abbiamo avvertito nitidiamente che quella degenerazione diventava strutturale, con uno scollegamento tra le dinamiche del palazzo e la comunità, lo abbiano denunciato da subito nella speranza di poter invertire la rotta. Siamo rimasti inascoltti, del tutto marginali rispetto al dibattito quasi che le cose che andavano dicendo dessero fastidio e disturbassero la logica dei manovratori».
CANDIDATURA DI COERENZA, ANCHE SE HA UN COSTO. Ecco dunque la candidatura, che arriva da una scelta di coerenza: «La coerenza però ha un costo – ha detto Di Dalmazio -, la coerenza comporta anche sacrifici, il rischio di rimanere soli, ma non si è mai soli quando si fa una battaglia ideale e di principio e la si fa soprattuto con un obiettivo. La coerenza presuppone la libertà, il coraggio per poter andare avanti senza padrini e padroni e affermare principi e valori in cui si crede».
IL NOSTRO CIVISMO E’ QUESTO. «Civico non è attributo estetico che qualifica una lista o un movimento, dove civico in realtà delinea l’obiettivo, cioè un progetto che sia funzionale esclusivamente all’interesse della città, un progetto che non miri invece all’occupazione istituzionale della città magari per alimentare rete di potere e potentati, che si focalizzi con l’obiettivo di Teramo e teramani. Questo il nostro senso civico del nostro progetto – ha concluso Di Dalmazio -».